giovedì 25 aprile 2013

Chartres: dettaglio del portale reale (facciata occidentale)


Cattedrale di Chartres, dettaglio, vetrata



Cattedrale di Chartres - esterno


Teorie sui metodi di costruzione delle piramidi egizie: gli scritti di Erodoto e Diodoro Siculo


I principali dubbi sulla costruzione delle piramidi si concentrano soprattutto sul modo in cui i blocchi furono posti in cima alla struttura. Non esistono prove archeologiche o storiche che aiutino a risolvere il dubbio. Buona parte della discussione sulle tecniche edilizie riguarda le poche prove a disposizione.
I racconti storici della costruzione delle piramidi egizie non permettono di capire la tecnica utilizzata per sollevare i blocchi. Nonostante questo molti egittologi fanno riferimento a questi scritti quando discutono il sollevamento dei blocchi. Talete, secondo Ieronimo, visitò le piramidi egizie nel VII secolo a.C. e, usando triangoli simili, triangoli rettangoli e le ombre delle piramidi, ne misurò l'altezza ed il volume. I primi racconti storici della costruzione di questi monumenti risalgono a secoli dopo la costruzione delle piramidi, e sono opera di Erodoto (V secolo a.C.) e Diodoro Siculo (I secolo a.C.). Lo scritto di Erodoto recita:
« Questa piramide era fatta come le scale, che alcuni chiamano gradini ed altri livelli. Quando questo la sua prima forma era stata completata, gli operai usavano corti tronchi di legno come leva per sollevare il resto delle pietre; sollevavano i blocchi dal suolo sopra il primo livello di gradini; quando la pietra era stata sollevata, era posta su un nuovo livello che poggiava sul primo, e da qui tramite la leva veniva spostata al successivo. Può darsi che ci fosse una nuova leva su ogni livello di gradini, o forse era la stessa, portatile, che spostavano di livello; resto dubbioso su questo punto, dato che vengono citati entrambi i metodi. La cosa certa, però, è che la parte superiore della piramide era finita per prima, per poi passare al livello subito sottostante, completando il primo in basso per ultimo. »
La versione di Diodoro Siculo dice:
« Ed egli disse che la pietra era stata trasportata da grande distanza dall'Arabia, e che gli edifici erano eretti tramite rampe di terra, dato che le macchine per sollevare non erano ancora state inventate; e la cosa più sorprendente è che, nonostante queste grandi strutture siano state erette in un'area circondata da sabbia, non restano tracce di queste rampe o della lavorazione delle pietre, tanto che non sembra il risultato del paziente lavoro degli uomini, ma piuttosto come se l'intero complesso fosse stato posto qui già completato da qualche dio. Ora gli egizi tentano di rendere queste cose una meraviglia, parlando di rampe che sarebbero state costruite con sale e che, quando il fiume fu fatto scorrere contro di esse, si sciolsero dilavandosi e non lasciando traccia senza bisogno di intervento umano. Ma in verità, quasi sicuramente non fu fatto in questo modo! Piuttosto, la stessa moltitudine di operai che eressero i tumuli riportarono l'intera massa di materiale nel suo luogo di origine; dicono che 360 uomini furono costantemente impegnati nel lavoro, prima che l'intero edificio fosse finito alla fine di 20 anni di lavoro. »
Si sa che sia le opere di Erodoto che di Diodoro Siculo contengono grossi errori, e che il Siculo viene spesso accusato di prendere spunto dalle opere di Erodoto. La descrizione fatta da Erodoto dello schiavismo è uno dei miti più persistenti riguardo al processo di costruzione, e quella di Diodoro Siculo del trasporto delle pietre dall'Arabia è scorretto. Dato che entrambi vengono considerati inaffidabili, è impossibile scegliere quale sia la tecnica corretta a partire dai documenti storici. In ogni caso queste opere forniscono alcune prove sia per l'uso di macchine di sollevamento che per l'uso delle rampe.


Fonte:http://it.wikipedia.org/wiki/Teorie_sulla_costruzione_delle_piramidi_egizie

Riflessione di Eco tratta da "La memoria vegetale e altri scritti di bibliofilia"

I vecchi, che articolavano il linguaggio per consegnare a ciascuno le esperienze
 di coloro che li avevano preceduti, rappresentavano ancora, al suo livello più 
evoluto, la memoria organica, quella registrata e amministrata dal nostro
cervello. Ma con l'invenzione della scrittura assistiamo alla nascita della memoria 
minerale. Dico minerale perchè i primi segni vengono incisi su tavolette
 d'argilla, scolpiti su pietra; perchè fa parte della memoria minerale anche 
l'architettura, dato che dalle piramidi egizie sino alle cattedrali gotiche il tempio 
era anche una registrazione di numeri sacri, di calcoli matematici, e attraverso le 
sue statue o i suoi dipinti tramandava delle storie, degli insegnamenti 
morali, costituiva, insomma, come è stato detto, una enciclopedia in pietra. 


U.Eco, La memoria vegetale e altri scritti di bibliofilia, 2007,Bompiani

IL POTERE DEL LIBRO


Il libro era lo strumento senza il quale la conoscenza non poteva essere 
diffusa e tramandata. Perso un libro, anche il suo contenuto era perduto 
per sempre. L'intera vicenda de “Il nome della rosa” ruota intorno alla 
presunta esistenza di un libro di Aristotele considerato all'epoca proibito, in 
quanto possibile diffusore di idee contrarie alla dottrina cristiana. Coloro che
 all'epoca detenevano il potere religioso erano al contempo l'élite 
culturale, in grado, pertanto, di decidere come e se trasmettere determinati 
contenuti dei libri da loro posseduti.

GLI ARGOMENTI DI JORGE CONTRO IL RISO, UN PICCOLO SPEZZONE DEL FILM..


MAJOR THEMES - THE NAME OF THE ROSE


Eco, being a semiotician, is hailed by semiotics students who like to use his novel to explain their discipline. The techniques of telling stories within stories, partial fictionalization, and purposeful linguistic ambiguity are all apparent. The solution to the central murder mystery hinges on the contents of Aristotle's book on Comedy, of which no copy survives; Eco nevertheless plausibly describes it and has his characters react to it appropriately in their medieval setting - which, though realistically described, is partly based on Eco's scholarly guesses and imagination. It is virtually impossible to untangle fact / history from fiction / conjecture in the novel. Through the motive of this lost and possibly suppressed book which might have aestheticized the farcical, the unheroic and the skeptical, Eco also makes an ironically slanted plea for tolerance and against dogmatic or self-sufficient metaphysical truths - an angle which reaches the surface in the final chapters.
Umberto Eco is a significant postmodernist theorist and The Name of the Rose is a postmodern novel. The quote in the novel, "books always speak of other books, and every story tells a story that has already been told," refers to a postmodern ideal that all texts perpetually refer to other texts, rather than external reality. In true postmodern style, the novel ends with uncertainty: "very little is discovered and the detective is defeated" (postscript). William of Baskerville solves the mystery in part by mistake; he thought there was a pattern but it in fact, numerous "patterns" were involved and combined with haphazard mistakes by the killers. William concludes in fatigue that there "was no pattern". Thus Eco turns the modernist quest for finality, certainty and meaning on its head, leaving the overall plot partly the result of accident and arguably without meaning.[2] Even the novel's title alludes to the possibility of many meanings or of nebulous meaning; Eco saying in the Postscript he chose the title "because the rose is a symbolic figure so rich in meanings that by now it hardly has any meaning left".





PLOT SUMMARY - THE NAME OF THE ROSE


Franciscan friar William of Baskerville and his novice Adso of Melk travel to a Benedictine monastery in Northern Italy to attend a theological disputation. As they arrive, the monastery is disturbed by a suicide. As the story unfolds, several other monks die under mysterious circumstances. William is tasked by the abbot of the monastery to investigate the deaths as fresh clues with each murder victim lead William to dead ends and new clues. The protagonists explore a labyrinthine medieval library, discuss the subversive power of laughter, and come face to face with the Inquisition. William's innate curiosity and highly-developed powers of logic and deduction provide the keys to unravelling the mysteries of the abbey.


Fonti: http://en.wikipedia.org/wiki/The_Name_of_the_Rose

PLOT SUMMARY - THE NAME OF THE ROSE


Franciscan friar William of Baskerville and his novice Adso of Melk travel to a Benedictine monastery in Northern Italy to attend a theological disputation. As they arrive, the monastery is disturbed by a suicide. As the story unfolds, several other monks die under mysterious circumstances. William is tasked by the abbot of the monastery to investigate the deaths as fresh clues with each murder victim lead William to dead ends and new clues. The protagonists explore a labyrinthine medieval library, discuss the subversive power of laughter, and come face to face with the Inquisition. William's innate curiosity and highly-developed powers of logic and deduction provide the keys to unravelling the mysteries of the abbey.


Fonti: http://en.wikipedia.org/wiki/The_Name_of_the_Rose

THE NAME OF THE ROSE


The Name of the Rose is the first novel by Italian author Umberto Eco. It is a historical murder mystery set in an Italian monastery in the year 1327, an intellectual mystery combining semiotics in fiction, biblical analysis, medieval studies and literary theory. First published in Italian in 1980 under the title Il nome della rosa, it appeared in English in 1983, translated by William Weaver.


The Name of the Rose

1st edition (Italian)
Author(s)
Umberto Eco
Original title
Il Nome della Rosa
Country
Italy
Language
Italian
Genre(s)
Historical novel, Mystery
Publisher
Bompiani (Italy) Harcourt (US)
Publication date
1980
Published in English
1983
Followed by
Foucault's Pendulum


sabato 13 aprile 2013

Sequenza

Questa sequenza di immagini ha lo scopo di farvi riflettere. Guardate queste foto in questa sequenza, senza soffermarvi sull'origine e sul significato di ogni singola fotografia. Cerchiamo di coglierne il filo conduttore..










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Z
Benvenuti!
L'idea di questo blog nasce in parallelo al corso di "storia della tecnologia", tenuto dal professor Vittorio Marchis presso il Politecnico di Torino. "La tecnologia e il libro" è stato creato con l'intento di evidenziare come il passaggio che si è verificato nella storia da un tipo di conoscenza elitaria a una conoscenza diffusa e accessibile sia avvenuto grazie all'inversione del rapporto tra libro e tecnologia : si è passati ad avere il libro come supporto al sapere tecnologico (e alla cultura in generale) ad avere la tecnologia al servizio della diffusione del libro, inteso anche come informazione. Per ora non voglio aggiungere altro, lo scopo della mia introduzione è certamente quello di esporre il contenuto del blog, ma voglio incuriosirvi e spingervi a scoprire post dopo post che cosa intendo con questa "inversione di rapporti".
"Il nome della rosa" di Umberto Eco sarà il riferimento da cui trarrò spunto per i miei interventi.
Buona lettura!!